giovedì 30 dicembre 2010

Agli Ex Sessantottini

"Noi sì che avevamo ideali giusti e sani che volevamo davvero mettere in pratica, sui quali spendevamo ogni risorsa di tempo e energia. Mica come voi giovani di oggi che fatte ingrossare il culo davanti a quella TV!". 
Mi sembra di risentirle questa sinfonia letale, queste magiche parole che tanti sessantottini ripetono a ruota, in TV, per l'appunto, o a voce, magari dalla cattedra di una classe di liceo. Concetti che tante volte coloro che appartengono alla generazione dei nati nei '70 o negli '80 si sono sentiti ripetere. E al quale io ho anche creduto, fino a qualche tempo fa!
I sessantottini: la generazione del cambiamento, dell'utopia realistica, del mondo migliore basato su pace e uguaglianza! 
Una parola per loro: STRONZI!
Ci avete rubato il futuro, illuso il presente e soprattutto ci avete mentito! Impegnati nell'occupare e non cedere le vostre posizioni, arroccati sulle poltrone e sui migliori posti di lavoro pubblici, dove ancora rimanete in virtù del vostro glorioso passato e della vostra influente rete di amicizie. 
Il mondo migliore ve lo siete creato per voi stessi e poi vi siete fermati, lasciando idealmente il testimone ai vostri figli, che non hanno avuto logicamente la stessa forza di combattere in quanto impossibilitati dalla vostra ingordigia, che non lascia loro spazio. Avete passato il testimone e dimenticato i vostri ideali; proseguendo per metafora, avete passato il testimone e poi deciso unanimamente che la gara è finita. 
Avete la bocca riempita di tante belle parole: sindacato, diritti, sciopero, uguaglianza, reddito minimo, ecc. e poi non cedete neanche un euro della vostra pensione che decurta invece il misero stipendio di un giovane di oggi!
La guerra è finita, andate in pace.

lunedì 27 dicembre 2010

Disoccupazione

Provo a spiegare un paio di grafici sullo stato dell'occupazione lavorativa.
Il primo è quello apparso su "Economist" di qualche giorno fa.



In ordinata la disoccupazione giovanile (da 15 a 24 anni), in ascissa la disoccupazione delle persone over 25.
Come è facile notare a prima vista, i giovani stanno pagando cara questa crisi, con tassi di disoccupazione che superano anche di 4 volte quello dei più anziani. 
L'Italia ha un tasso di disoccupazione giovanile altissimo, superata soltanto da Stati che stanno attraversando gravi fasi di dissesto economico e soprattutto finanziario. 

A questo dato sconfortante (quasi un giovane su tre disoccupato), propongo un altro grafico preso dal sito www.lavoce.info. Esso mette in evidenza chi sono coloro che hanno più probabilità di perdere il lavoro, suddividendo la popolazione in base alla tipologia contrattuale. Naturalmente, il primo posto spetta "di diritto" a coloro che hanno contratti atipici e precari; quindi giovani, dato che certi tipi di contratto (co.co.pro e affini) neanche esistevano fino a una decina d'anni fa.




La generazione dei nati negli '80 ha beneficiato dei vantaggi ottenuti dalla generazione antecedente, ma non sarà in grado di sfruttarli anche in seguito e soprattutto non potrà trasmettere alcun elemento migliorativo di benessere economico alla generazione successiva.

sabato 18 dicembre 2010

Venerdi 17, 2010. Firenze

In un periodo in cui gran parte delle mie letture si concentra su aspetti sociali ed economici legati al post-crisi, arriva venerdi 17 con allegato 30 cm di neve. E ciò mi crea tanti link con letture di Bauman, Latouche, Rampini, Eco, Levitt.
Ed io ho visto cose belle, molto belle in questo venerdi 17 a Firenze!
Innanzitutto alle 16 ero già praticamente il solo in ufficio, quasi tutti se ne erano già andati via prima e pare che il mondo sia ancora lo stesso prima. Ne conseguo: se ognuno lavorasse 35 ore (anzichè 40, anzichè tanti straordinari) ci sarebbe circa il 10% di posti di lavoro in più, naturalmente a scapito del salario singolo; a livello medio il livello salariale salirebbe data la minore incidenza dei salari a quota 0. Inoltre si registrerebbero: maggiori entrate fiscali, maggiore spinta ai consumi e minore spesa pubblica (sussidi, CIG, ecc.).
Alle ore 17 arrivo in stazione Rifredi: stazione piccola ma iper-trafficata e quindi affollata. Sottopassaggio occluso e straboccante, banchine infrequentabili, pochi treni circolanti e pieni come uova! Ne conseguo: lo Stato non ha più soldi nè interesse ad investire in infrastrutture di prima necessità per i cittadini, si limita quindi a fornire il servizio minimo indispensabile; naturale che in condizioni di emergenza salti tutto. Ferrovie dello Stato ormai ha completamente abbandonato ogni interesse verso i normali viaggiatori regionali, relegandoli sempre in ultima posizione in qualunque tipo di decisione, lasciando sempre la priorità ai treni Eurostars, che assicurano grande ritorno economico, a differenza dei treni dei pendolari. Inoltre era totalmente assente la comunicazione e l'informazione; i pochi macchinisti o capi-treno venivano presi d'assalto sebbene incolpevoli e inconsapevoli.
Alle ore 17:30 capisco che è inutile sostare in stazione e mi incammino verso la stazione centrale di Santa Maria Novella. Come me, fanno altre centinaia di persone che, camminando sotto la neve, sfilano e sorpassano tutte le auto ferme nella loro inutilità in colonna. Ne consegue: come dice Umberto Eco, la civiltà va a passo di gambero, il progresso è ancora una volta stato sorpassato dalla semplicità naturale. 
Alle ore 18:15 arrivo alla stazione di SMN: centinaia di persone ferme ad aspettare, prive di informazioni e inconsapevoli se sarebbero tornati a casa oppure no. Tuttavia, sebbene il disappunto sia forte, si capisce che la circostanza è straordinaria e nessuno eccede in lamenti e proteste; tutti si aiutano a vicenda, si scambiano informazioni e notizie (dato anche il mancato funzionamento dei cellulari) e si diffonde una certa solidarietà, che infonde tranquillità, sebbene mista a rassegnazione, e serenità. Io sono pendolare ormai da 7 anni e conosco come funziona: appena viene diffuso il ritardo di un treno, la gente sbuffa, tutti si mettono al cellulare, chi si mette le cuffie dell'iPod, tutti chiusi dentro se stessi. Ma venerdi 17 2010 questo non è successo: i cellulari non funzionavano e ognuno aveva bisogno di informazioni per tornare a casa, cosicchè "ci si è parlati" (cosa strana nel nostro tempo). Saliti sul treno, abbiamo aspettato circa 2 ore prima  della partenza, ma nessuno si è troppo lamentato platealmente, nonostante l'affollamento da sardine. Anzi, molti erano gli scherzi e le risate che si diffondevano.
Tirando le somme: questa neve mi fa sperare in un mondo in cui si torni a camminare, anzichè correre in auto, in cui si parla con il vicino (a cellulari spenti) ed è impossibile andare a fare la spesa al centro commerciale in periferia. Un mondo in cui si lavora di meno, ma si passa più tempo con gli altri, il che ci rende più sereni, felici e capaci di superare le difficoltà, perchè sappiamo che abbiamo tante persone vicine.
In fondo è il mondo di 50 anni fa.

martedì 14 dicembre 2010

Masturbazione contro il sistema



La "società" ci vuole civili, educati, consumisti, svegli, pronti, allegri, entusiasti e mai depressi, proattivi ed estroversi.

Se non compriamo beni futili, abiti alla moda e automobili roboanti non siamo ben visti e forse neanche ben accetti. 
Siamo costretti ad essere brillanti, capaci di tenere conversazione con tutti e farsi ben volere. Per farlo, è necessario essere meccanismo del sistema, quindi avere bell'aspetto e buona educazione, una buona auto e una rispettabile famiglia.
Per "essere" è necessario "apparire". Per apparire è necessario "essere visibile". Per essere visibile è necessario "avere bell'aspetto". Per avere bell'aspetto è necessario essere "ben vestiti". Per essere ben vestiti è necessario "comprare". Per comprare è necessario "avere soldi". Per avere soldi è necessario "lavorare". Per lavorare è necessario "sapersi vendere". Per sapersi vendere è necessario considerare l'essere umano, ivi se stessi, "merce".
E siccome io sono incastrato in questo sistema, impossibilitato ad uscirne, e, a dirla tutto, mi ci si sono perfino adeguato abbastanza bene... oggi protesto!
Con una bella sega anti-sistema!

sabato 11 dicembre 2010

Idea innovativa per la forza vendita

Ogni santo giorno vengo attaccato da una pubblicità radiofonica che, per vari motivi, mi infastidisce. La pubblicità in questione è quella del sito agenti.it, che si propone di trovare agenti di commercio, rappresentanti e venditori alle aziende. Ora, se io fossi un imprenditore, che opera in Umbria, Marche, Toscana, Emilia e Liguria, spiazzerei tutti con una forza vendita composta da baldi giovani senegalesi, ora vi spiego perchè.

Per prima cosa queste sono le cosiddette regioni "rosse" dove si presume che vi sia più tolleranza, integrazione e minor paura del diverso. Così se invece del vostro pallido rappresentante sempre vestito nello stesso modo vi si presenta un elegante e slanciato "uomo nero" pochi sarebbero quelli a non avere fiducia in lui.
In secondo luogo spesso sono dei supermegalaureati nel loro Paese e quindi hanno sicuramente l'elasticità mentale per comprendere e spiegare il servizio o prodotto che andranno a proporre.
Infine l'aspetto fondamentale è che hanno il commercio nel sangue, in loro scorre il sacro fuoco della vendita. Pensateci bene, chi non ha mai comprato qualcosa da un vu' cumpra'? Chi non ha mai comprato qualcosa di assolutamente inutile da loro? Il mio carissimo amico e collega Dame ha uno smercio di cellulari usati (spero non rubati!) che non si può neanche immaginare, sfrutta l'arbitraggio per rivenderli anche in Senegal, così anche per i notebook. Ogni giorno mi accoglie con la seguente ammonizione: "l'ha portata caparra???" per continuare con "allungamento pagamento" e mi da pure la garanzia "soddisfatto o rimborsabile". Il risultato è che alla fine ho comprato il cellulare per mia madre!
In definitiva organizzare la propria forza vendita con i "Dame" della situazione potrebbe ragionevolmente portare ad una redditività maggiore dell'impresa.

Pe_ste

sabato 27 novembre 2010

Del perchè i rifiuti a Napoli non sono un problema

Autorevolezza di un interlocutore, tutto qua.
Su Facebook & C. compaiono tantissimi link e messaggi, postati dagli "amici", che riportano della reale situazione economica, politica, sociale italiana. Tuttavia, questi messaggi quale credibilità hanno?
Esempio: il TG1 afferma, o non riporta, che il problema dei rifiuti a Napoli non esiste o sarà a breve risolto. 100 tweet di persone sconosciute affermano il contrario. Chi è più credibile?
Il TG1 gode di fama assoluta, garantita da decenni di servizio pubblico, oggettivo, istituzione, spesso noioso, ma credibile ed autoritario.
I messaggi su Facebook o Twitter si confondono tra altri 2000 riguardanti false orgie al Grande Fratello, link di spam e virus, messaggi su quanto sia importante un abbraccio rispetto al sesso o di quanto conti un'amica piuttosto che il fidanzato. Insomma, i messaggi sui social network sono altamente inflazionati, difficile, in via immediata e inconscia, riconoscere credibilità ad uno piuttosto che ad un altro.
Un modo per farlo c'è e dipende dall'autorevolezza del soggetto che immette sui siti social i propri contenuti. Nella maggior parte dei casi, però, tale reputazione è costruita off-line e quindi siamo a punto a capo.
Per questo, se lo dice il TG1, i rifiuti a Napoli sono solo nei cassonetti e nelle discariche. Per convincerli del contrario, serve un Mentana, in TV o su Facebook, non importa!

giovedì 11 novembre 2010

PIL aperto in studio

Ora, che l'informazione televisiva sui canali Mediaset e su Rai1 e Rai2 sia al limite del comico, è cosa nota.
Che le mie parole cadranno nel vuoto, lo è ancora di più.
Spero solo che qualche povero Cristo possa leggere queste mie parole, vedere il breve filmato linkato qui sotto e magari leggere anche l'articolo che riporto.
Ricapitolo: dal 2008 il Pil è calato a picco, più del 5% in poco meno di due anni. I tg filo-governativi in questo periodo riportono statistiche che appaiono estremamente positive, in quanto relativizzate al breve periodo precedente di un solo anno. Di conseguenza tutte le statistiche sono con un "più", in quanto abbiamo già toccato il fondo (e speriamo di non dover scavare) nel 2008, pertanto adesso stiamo ripartendo da zero. Quindi, se paragoniamo i dati attuali a quelli di un anno o due fa, siamo in salute; ma se lo facessimo con i dati di 3 o 4 anni fa la situazione apparirebbe ben diversa.

Guardate il filmato, va, che lo spiega molto meglio di me!

lunedì 8 novembre 2010

La democrazia non funziona (nel Pd)

Sabato pomeriggio io ed il mio compagno di disavventure ci siamo introdotti alla Stazione Leopolda per l'incontro dei cosiddetti "rottamatori", ovvero la corrente, o pseudo tale, del sindaco di Firenze Matteo Renzi.
Il mio sarà un resoconto spicciolo, vista la mia avversione alla scrittura e, più in generale, all'esplicitazione di concetti molto chiari nella mia mente. Appena arrivati nel piazzale antistante un non meglio identificato individuo di circa 120 anni, ormai troppo vecchio anche per la rottmazione, parlava davanti ad una telecamera di probabili alleanza con l'udc... inziamo bene.
Entriamo e dopo la registrazione di rito ci affacciamo laddove è situato il palco: chi vuole può prenedere la parola per 5 minuti, scanditi da cronometro e gong finale. Orbene già dal primo intervento si comincia con la retorica di rito: partigiani, uguaglianza ecc, il secondo parla del sud e vai con le solite cose... e così via! ma caspita, mi domando, avete 5 minuti potete dire quello che vi pare semza l'obbligo di doverlo spiegare e ci venite a fare la retorica? dite cose che già sappiamo per prendere un applauso? una proposta dico io, una proposta che sia una!
 E' qui che sono arrivato alla conclusione che la democrazia non funziona, o meglio non tutti dovrebbero avere diritto di parola. Successivamente penso che il pd non potrà mai fare niente di buono perchè il suo popolo, a differenza di quello di B. non ha capito che deve stare zitto e cominciare a fare.
Mi spiego: il popolo del pd si sente colto, culturalmente superiore a quello di B. (cosa che pptrebbe anche essere vera) e per questo si sente in dovere ed in diritto di dire la propria, che però 99 su 100 non aggiunge niente di nuovo ed anzi porta scompiglio e crea fazioni. Il popolo di B. non ha questa pretesa e segue il suo capo a prescindere, ma ciò facendo ne agevola il lavoro e rimane sicuramete più compatto e forte; oltretutto, pur essendo molto spesso lobotomizzato, se c'è da fare qualcosa di pratico lo fa.
Per questo, invece di andare ai meeting invito il popolo del pd a fare ogni giorno un'azione pratica che sia di sinistra (si può scegliere fra tante cose: non guardare il tg1, fare la raccolta differenziata, farsi fare le fatture e gli scontrini, prendere i mezzi pubblici quando possibile o leggere un libro) perchè la politica si fa molto di più con le piccole azioni e con i comportamenti d'acquisto che non con i discorsi retorici.


pe_ste

domenica 7 novembre 2010


Gira da tempo un “simpatico” video virale in rete (link) riguardante le abitudini degli italiani, che sicuramente qualche “amico” d’oltralpe vi avrà inviato. Particolare clamore genera la parte riguardante la scelta del caffè al bar, dove ognuno preferisce un caffè servito con particolari caratteristiche diverse l’uno dall’altro, che, alla vista dello straniero, appare del tutto immotivato. Nessuno può negare che tale rappresentazione è fedele alla realtà: ogni mattina in ogni bar della penisola si scatena la gara di urli “corto in tazza grande”, “macchiato in vetro”, ecc. In questo contesto è il barista a fare la differenza: buona memoria e soprattutto velocità. L’italiano non vuol perdere più di 2 minuti a prendere il caffè. Cosa si evince quindi da quel filmato e dall’esperienza quotidiana in generale:
-          Il caffè espresso viene scelto in molte varianti, sebbene il prodotto finale sia essenzialmente sempre il medesimo.
-          Il tempo medio di ordinazione, preparazione, consumo e pagamento deve essere il più corto possibile.
-          Il caffè deve essere economico, data la frequenza di consumo.
-          Il punto vendita viene generalmente scelto in base al solo criterio della prossimità.
 Il sorso di caffè in Italia è un rituale “cheap”, sotto ogni punto di vista. In sostanza il contrario di quanto proponga Starbucks.
Il caffè Americano diventa un rituale lungo e nobile, ci vogliono minuti solo per portarlo ad una temperatura sopportabile alla papille gustative. Infatti, l’esperienza di consumo di un caffè lungo Starbucks può essere:
-          Sul comodo divano nel punto vendita, generalmente nei centro città, in un ambiente rilassato.
-          In strada, col bicchiere fasciato di cartone.
20 minuti il tempo medio di consumo di un prodotto Starbucks. L’unico elemento che potrebbe essere a prima vista coerente con il mercato italiano è l’ampiezza dei prodotti offerti. Tuttavia sono prodotti che mal si confanno alle abitudini e ai consumi italiani (dal frappuccino al caffè al caramello).
Solo se Starbucks riuscirà a costruirsi un’immagine tale che lo renda complementare ai tradizionali bar potrà avere successo. Presentarsi come luogo d’incontro, alternativo alle birrerie e ai pub, e non ai bar della mattina, da cui uscirebbe sicuramente sconfitto data la lentezza del servizio (ulteriormente aggravata dall’ultimo cambiamento) e il prezzo.
Un’altra via è percorribile: il cambiamento dei consumi italiani. McDonald’s c’è quasi riuscito….

E come direbbe qualcuno: è per questo che Silvio Berlusconi è presidente del consiglio.