giovedì 14 giugno 2012

Categorie

Tutta sta fatica per imparare a dover vivere e poi quasi tutti ci rifugiamo in categorie già predefinite. Se poi l'adesione è ex-ante o ex-post cambia poco, perchè è facile trovare conforto e rassicurazione nel riconoscersi in una categoria.
Fino agli anni Ottanta, prima dell'irruzione del pensiero Consumistico (in Itaglia, il "Silvio pensiero"), le categorie erano fondamentalmente due (almeno in Itaglia) e avevano radice politica. Oggidì (che bella parola) la situazione è molto più sfumata ed è più difficile sentirsi appartenere ad un genere, a volte è anche ritenuto offensivo.
Quindi datemi mano a completare lo stereotipo. Queste le categorie:
- HIPSTER:
- INDIE:
- RADICAL CHIC:
- GABBER:
- SNOB:
- TAMARRO:
- JIMMY:
- TOPOLINO:

Qualche fonte di ispirazione:
Lo Stato Sociale - sono così indie

Radical chic - Abbate


mercoledì 22 febbraio 2012

Deportivo Alavès

Città di Vitoria, paesi Baschi, che non è Spagna.  Spiriti sanguigni, senso di appartenenza alla città e ai propri colori a livelli altissimi. La squadra di calcio locale porta il nome di Deportivo Alavès. Anno di fondazione 1921 e pochi episodi che la fanno ricordare. Ho detto pochi, non nessuno, perché il Deportivo Alavés è stato ad un passo da entrare nella storia, ma forse nell’enciclopedia del calcio uno spazio per questa squadra c’è e non è nemmeno troppo piccolo.
Fast Forward, Anno 2000, il Deportivo Alavès si qualifica insperatamente alla coppa Uefa, tra le proprie fila presenti giocatori dal valore di Javi Moreno e Cosmin Contra (poi passati al Milan) e figli d’arte come Jordi Cruyff.  L’anno dopo, ancor più incredibilmente, il Deportivo arriva in finale di Coppa Uefa e di fronte avrà un avversario ostico e prestigioso: il Liverpool del giovane Gerrard e dell’esperto Mc Allister. Si gioca in Germania, alla Westfalenstadion, arena che qualche anno dopo regalò grosse gioie a noi italiani. Ma quella sera di Maggio a Dortmund, gioie e dolori si alternarono in un’altalena forse mai vista prima. Per tanti sarà la partita più emozionante di sempre.
Non perdo tempo a dire chi fosse il favorito, dico solo che nei primi minuti i pronostici si confermano e Babbel e Owen bucano entrambi la porta del malcapitato portiere, rendendo subito manifesta la superiorità di chi “non camminerà mai da solo”. Javi Moreno, attaccante potente e giusto un poco sovrappeso, mantiene vive le speranza dei baschi; poi sarà un rigore di Mc Allister a costringere i tifosi baschi a bere litri di kalimoxo per aiutarli a dimenticare.
Nel secondo tempo però accade l’imponderabile: prima Tomic e Javi Moreno poi riportano i baschi in parità, 3 a 3. Troppo bello per essere vero, infatti ci pensa Robbie Fowler a rovinare i sogni di quei ragazzi di Vitoria. Sembra finita… per tutti è finita, ma non per Jordi Cruyff che per una volta fa qualcosa degna del nome che porta e la partita va ai supplementari che l’Alaves giocherà in 9 contro 11 e con un solo obiettivo: arrivare ai rigori ed evitare la terribile (e per fortuna durata poco) regola del Golden goal.
Questa partita sarà una delle poche della storia che verrà decisa da questa assurda regola. Al 119’ l’esperto Mc Allister si appresta a calciare una punizione dal lato corto dell’area di rigore,  dove i giocatori attendono il cross. Mc Allister parte per la ricorsa e qualcuno immagina che qualcosa sta per succedere. Il fendente arriva in area e malauguratamente Geli la tocca di testa, anticipando il proprio portiere e indirizzando la palla verso la propria rete, dove si deposita. Il verdetto è il seguente: Liverpool campione, Deportivo Alavès morto.
Perché da quel punto in poi, il Deportivo Alavès mai più si è ripreso, il sogno scippato all’ultimo step e quindi la lunga scivolata verso l’amnesia del calcio.
La morale del Vostro Amico:  quando tutto va bene, quando il sogno sembra ad un passo, non esultare troppo, non essere troppo felice per episodi positivi che allontanano dalla realtà. Ovunque  nel mondo pronto per te un Mc Allister qualunque che crossa innocuamente verso la porta e ti rovina la festa, nel modo più doloroso possibile senza possibilità di rialzarti.

martedì 22 marzo 2011

La società liquida, sciolta come la diarrea

"Viviamo un periodo storico difficile": refrain post two thousand and eight. Adesso è perfino venuto a noia a me, irriducibile pessimista e amante della polemica. Oramai si è ridotto a patetica frase da lettore di Repubblica, che agita dati, dita e anatemi morali contro lo stato delle cose e le politiche governative. Perfino la protesta si è quindi già assopita, ricacciata alla sua forma di embrione da due timide manganellate di finanzieri romani a coglioni studenti. 
In altri tempi protestare era l'espressione di un sentimento volto alla ricerca del cambiamento, evidentemente migliorativo nella mente di chi agitava la protesta. Adesso la protesta appare equivalente al semplice disfattismo. Qualcuno ritiene che la protesta possa essere @, ovvero digitale tramite Twitter, Facebook e cazzi vari. In realtà, care generazioni degli ottanta e novanta, siete state assopite dietro a tastiere di computer, mummificati di fronte a schermi in grado di offrire tutto quello che prima richiedeva di uscire: musica, film, donne (in questo caso virtuali), porno, notizie, amici, ecc.
Ebbene sì, anch'io faccio parte di quella schiera di gente tutta laptop e iPod, e sono anche un disfattista che ripete un solito refrain: "viviamo in un mondo di merda"; e mi stanco da solo a forza di dirlo. Ma non riesco a cambiarlo, non riesco a togliere il repeat da questo brano del mio iPod mentale! 
Sono cresciuto a pane e romanzi di formazione, ad acqua e catechismo, conditi con cartoni animati (non giapponesi) e film per adolescenti. Tutta questa merda, compreso il buon Hermann Hesse, mi hanno fatto credere che anch'io potessi valere qualcosa e che avrei trovato la mia strada. Mi hanno inculcato che sarei potuto diventare qualcuno, facile di questi tempi moderni! Mi dicevano che ognuno ha un percorso da trovare e poi seguire, tale da rendere felici e realizzati. 
Io, questa cazzo di luce nella via maestra, non l'ho mai vista, sono sempre andato a tentoni, con l'obiettivo a brevissimo termine, imponendomi le scelte in base a quella precedente, senza sindacare se fosse stata giusta o sbagliata. Il mio orizzonte è raggiungibile in due passi e non ci trovo mai nulla di finito e realizzante.
Mi trovo ad essere lo stronzo della società liquida, che vaga in nessuna direzione transitando da tante parti ma senza mai fermarsi da nessuna. 
E in questa situazione sento ce ci si trovano in tanti. Ma a qualcuno piace davvero questa condizione di vita?

giovedì 27 gennaio 2011

Il bello della pallacanestro

Accade che negli States, città di Los Angeles, nella parte triste dello Staples Centre, quella dei Clippers, è arrivato, con un anno di ritardo giustificato da un grave infortunio, tale Blake Griffin.
Proveniente dal college di Oklahoma, stato nel mezzo del nulla statunitense, dove paesaggi e strade ricordano le scorribande di quelli di Hazzard, dove Boss Hog si mangiava il pollo fritto con tovagliolo appeso al colletto della camicia. Stato che (Wikipedia dixit) ha dato i natali ai seguenti personaggi famosi: "Ashlynn Brooke (pornostar). Chuck Norris (attore, artista marziale e scrittore), Frank Abagnale (criminale) e Jake Hager (wrestler)." Un po' come se gli unici personaggi famosi usciti dalla Toscana fossero Mario Pacciani, Yuri Chechi e Laura Panerai!

Ebbene, in questo eccitante college di Oklahoma studia il ragazzone di 2,08 Blake, che, data la statura, gioca a pallacanestro e lo fa pure bene. Nel 2009 i Clippers decidono di spendere su di lui la loro preziosa prima scelta. E' quindi con entusiasmo che inizia l'avventura a LA, carico di aspettative e occhi puntati; purtroppo nelle ultime di pre-season qualcosa fa crac e, operazione dopo operazione, Blake salterà tutta la stagione.

Nei Clippers gioca già da un paio di stagioni il "Barone" Baron Davis, noto agli italiani in quanto incubo diurno della matricola Marco Belinelli, costretto a fargli da facchino personale per il pesante borsone da gioco! Davis è un giocatore a fine carriera, dalla classe sopraffina, ma dalla scarsa voglia di correre. Sembra a LA per svernare, più che altro.

Nel 2010 Blake inizia la stagione giocando con continuità e vengono fuori le sue doti. Effettua schiacciate inverosimili, con gli occhi che, durante l'elevazione superano l'altezza del ferro. Buono anche nel tiro dalla media, quasi sempre appoggiandosi a tabella. Blake, da rookie, tira fuori prestazioni sbalorditive, che lo rendono sicuramente il miglior giovane della lega. Inoltre rivitalizza il vecchio Barone che con lui si diverte come un bambino, arrivando a servire fantascientifici alley-hoop da oltre metà campo.
Dopo tanti anni, i Clippers lottano per i play-off e forse sperano anche in qualcosa di più del semplice piazzamento. La vittoria nel derby contro i Lakers è già quel qualcosa in più!

P.S.: SPERO CHE VI SIA PIACIUTO IL MIO POST. D'ALTRONDE, COSA NON SI FA PUR DI NON LEGGERE I GIORNALI!




giovedì 30 dicembre 2010

Agli Ex Sessantottini

"Noi sì che avevamo ideali giusti e sani che volevamo davvero mettere in pratica, sui quali spendevamo ogni risorsa di tempo e energia. Mica come voi giovani di oggi che fatte ingrossare il culo davanti a quella TV!". 
Mi sembra di risentirle questa sinfonia letale, queste magiche parole che tanti sessantottini ripetono a ruota, in TV, per l'appunto, o a voce, magari dalla cattedra di una classe di liceo. Concetti che tante volte coloro che appartengono alla generazione dei nati nei '70 o negli '80 si sono sentiti ripetere. E al quale io ho anche creduto, fino a qualche tempo fa!
I sessantottini: la generazione del cambiamento, dell'utopia realistica, del mondo migliore basato su pace e uguaglianza! 
Una parola per loro: STRONZI!
Ci avete rubato il futuro, illuso il presente e soprattutto ci avete mentito! Impegnati nell'occupare e non cedere le vostre posizioni, arroccati sulle poltrone e sui migliori posti di lavoro pubblici, dove ancora rimanete in virtù del vostro glorioso passato e della vostra influente rete di amicizie. 
Il mondo migliore ve lo siete creato per voi stessi e poi vi siete fermati, lasciando idealmente il testimone ai vostri figli, che non hanno avuto logicamente la stessa forza di combattere in quanto impossibilitati dalla vostra ingordigia, che non lascia loro spazio. Avete passato il testimone e dimenticato i vostri ideali; proseguendo per metafora, avete passato il testimone e poi deciso unanimamente che la gara è finita. 
Avete la bocca riempita di tante belle parole: sindacato, diritti, sciopero, uguaglianza, reddito minimo, ecc. e poi non cedete neanche un euro della vostra pensione che decurta invece il misero stipendio di un giovane di oggi!
La guerra è finita, andate in pace.

lunedì 27 dicembre 2010

Disoccupazione

Provo a spiegare un paio di grafici sullo stato dell'occupazione lavorativa.
Il primo è quello apparso su "Economist" di qualche giorno fa.



In ordinata la disoccupazione giovanile (da 15 a 24 anni), in ascissa la disoccupazione delle persone over 25.
Come è facile notare a prima vista, i giovani stanno pagando cara questa crisi, con tassi di disoccupazione che superano anche di 4 volte quello dei più anziani. 
L'Italia ha un tasso di disoccupazione giovanile altissimo, superata soltanto da Stati che stanno attraversando gravi fasi di dissesto economico e soprattutto finanziario. 

A questo dato sconfortante (quasi un giovane su tre disoccupato), propongo un altro grafico preso dal sito www.lavoce.info. Esso mette in evidenza chi sono coloro che hanno più probabilità di perdere il lavoro, suddividendo la popolazione in base alla tipologia contrattuale. Naturalmente, il primo posto spetta "di diritto" a coloro che hanno contratti atipici e precari; quindi giovani, dato che certi tipi di contratto (co.co.pro e affini) neanche esistevano fino a una decina d'anni fa.




La generazione dei nati negli '80 ha beneficiato dei vantaggi ottenuti dalla generazione antecedente, ma non sarà in grado di sfruttarli anche in seguito e soprattutto non potrà trasmettere alcun elemento migliorativo di benessere economico alla generazione successiva.

sabato 18 dicembre 2010

Venerdi 17, 2010. Firenze

In un periodo in cui gran parte delle mie letture si concentra su aspetti sociali ed economici legati al post-crisi, arriva venerdi 17 con allegato 30 cm di neve. E ciò mi crea tanti link con letture di Bauman, Latouche, Rampini, Eco, Levitt.
Ed io ho visto cose belle, molto belle in questo venerdi 17 a Firenze!
Innanzitutto alle 16 ero già praticamente il solo in ufficio, quasi tutti se ne erano già andati via prima e pare che il mondo sia ancora lo stesso prima. Ne conseguo: se ognuno lavorasse 35 ore (anzichè 40, anzichè tanti straordinari) ci sarebbe circa il 10% di posti di lavoro in più, naturalmente a scapito del salario singolo; a livello medio il livello salariale salirebbe data la minore incidenza dei salari a quota 0. Inoltre si registrerebbero: maggiori entrate fiscali, maggiore spinta ai consumi e minore spesa pubblica (sussidi, CIG, ecc.).
Alle ore 17 arrivo in stazione Rifredi: stazione piccola ma iper-trafficata e quindi affollata. Sottopassaggio occluso e straboccante, banchine infrequentabili, pochi treni circolanti e pieni come uova! Ne conseguo: lo Stato non ha più soldi nè interesse ad investire in infrastrutture di prima necessità per i cittadini, si limita quindi a fornire il servizio minimo indispensabile; naturale che in condizioni di emergenza salti tutto. Ferrovie dello Stato ormai ha completamente abbandonato ogni interesse verso i normali viaggiatori regionali, relegandoli sempre in ultima posizione in qualunque tipo di decisione, lasciando sempre la priorità ai treni Eurostars, che assicurano grande ritorno economico, a differenza dei treni dei pendolari. Inoltre era totalmente assente la comunicazione e l'informazione; i pochi macchinisti o capi-treno venivano presi d'assalto sebbene incolpevoli e inconsapevoli.
Alle ore 17:30 capisco che è inutile sostare in stazione e mi incammino verso la stazione centrale di Santa Maria Novella. Come me, fanno altre centinaia di persone che, camminando sotto la neve, sfilano e sorpassano tutte le auto ferme nella loro inutilità in colonna. Ne consegue: come dice Umberto Eco, la civiltà va a passo di gambero, il progresso è ancora una volta stato sorpassato dalla semplicità naturale. 
Alle ore 18:15 arrivo alla stazione di SMN: centinaia di persone ferme ad aspettare, prive di informazioni e inconsapevoli se sarebbero tornati a casa oppure no. Tuttavia, sebbene il disappunto sia forte, si capisce che la circostanza è straordinaria e nessuno eccede in lamenti e proteste; tutti si aiutano a vicenda, si scambiano informazioni e notizie (dato anche il mancato funzionamento dei cellulari) e si diffonde una certa solidarietà, che infonde tranquillità, sebbene mista a rassegnazione, e serenità. Io sono pendolare ormai da 7 anni e conosco come funziona: appena viene diffuso il ritardo di un treno, la gente sbuffa, tutti si mettono al cellulare, chi si mette le cuffie dell'iPod, tutti chiusi dentro se stessi. Ma venerdi 17 2010 questo non è successo: i cellulari non funzionavano e ognuno aveva bisogno di informazioni per tornare a casa, cosicchè "ci si è parlati" (cosa strana nel nostro tempo). Saliti sul treno, abbiamo aspettato circa 2 ore prima  della partenza, ma nessuno si è troppo lamentato platealmente, nonostante l'affollamento da sardine. Anzi, molti erano gli scherzi e le risate che si diffondevano.
Tirando le somme: questa neve mi fa sperare in un mondo in cui si torni a camminare, anzichè correre in auto, in cui si parla con il vicino (a cellulari spenti) ed è impossibile andare a fare la spesa al centro commerciale in periferia. Un mondo in cui si lavora di meno, ma si passa più tempo con gli altri, il che ci rende più sereni, felici e capaci di superare le difficoltà, perchè sappiamo che abbiamo tante persone vicine.
In fondo è il mondo di 50 anni fa.