sabato 27 novembre 2010

Del perchè i rifiuti a Napoli non sono un problema

Autorevolezza di un interlocutore, tutto qua.
Su Facebook & C. compaiono tantissimi link e messaggi, postati dagli "amici", che riportano della reale situazione economica, politica, sociale italiana. Tuttavia, questi messaggi quale credibilità hanno?
Esempio: il TG1 afferma, o non riporta, che il problema dei rifiuti a Napoli non esiste o sarà a breve risolto. 100 tweet di persone sconosciute affermano il contrario. Chi è più credibile?
Il TG1 gode di fama assoluta, garantita da decenni di servizio pubblico, oggettivo, istituzione, spesso noioso, ma credibile ed autoritario.
I messaggi su Facebook o Twitter si confondono tra altri 2000 riguardanti false orgie al Grande Fratello, link di spam e virus, messaggi su quanto sia importante un abbraccio rispetto al sesso o di quanto conti un'amica piuttosto che il fidanzato. Insomma, i messaggi sui social network sono altamente inflazionati, difficile, in via immediata e inconscia, riconoscere credibilità ad uno piuttosto che ad un altro.
Un modo per farlo c'è e dipende dall'autorevolezza del soggetto che immette sui siti social i propri contenuti. Nella maggior parte dei casi, però, tale reputazione è costruita off-line e quindi siamo a punto a capo.
Per questo, se lo dice il TG1, i rifiuti a Napoli sono solo nei cassonetti e nelle discariche. Per convincerli del contrario, serve un Mentana, in TV o su Facebook, non importa!

giovedì 11 novembre 2010

PIL aperto in studio

Ora, che l'informazione televisiva sui canali Mediaset e su Rai1 e Rai2 sia al limite del comico, è cosa nota.
Che le mie parole cadranno nel vuoto, lo è ancora di più.
Spero solo che qualche povero Cristo possa leggere queste mie parole, vedere il breve filmato linkato qui sotto e magari leggere anche l'articolo che riporto.
Ricapitolo: dal 2008 il Pil è calato a picco, più del 5% in poco meno di due anni. I tg filo-governativi in questo periodo riportono statistiche che appaiono estremamente positive, in quanto relativizzate al breve periodo precedente di un solo anno. Di conseguenza tutte le statistiche sono con un "più", in quanto abbiamo già toccato il fondo (e speriamo di non dover scavare) nel 2008, pertanto adesso stiamo ripartendo da zero. Quindi, se paragoniamo i dati attuali a quelli di un anno o due fa, siamo in salute; ma se lo facessimo con i dati di 3 o 4 anni fa la situazione apparirebbe ben diversa.

Guardate il filmato, va, che lo spiega molto meglio di me!

lunedì 8 novembre 2010

La democrazia non funziona (nel Pd)

Sabato pomeriggio io ed il mio compagno di disavventure ci siamo introdotti alla Stazione Leopolda per l'incontro dei cosiddetti "rottamatori", ovvero la corrente, o pseudo tale, del sindaco di Firenze Matteo Renzi.
Il mio sarà un resoconto spicciolo, vista la mia avversione alla scrittura e, più in generale, all'esplicitazione di concetti molto chiari nella mia mente. Appena arrivati nel piazzale antistante un non meglio identificato individuo di circa 120 anni, ormai troppo vecchio anche per la rottmazione, parlava davanti ad una telecamera di probabili alleanza con l'udc... inziamo bene.
Entriamo e dopo la registrazione di rito ci affacciamo laddove è situato il palco: chi vuole può prenedere la parola per 5 minuti, scanditi da cronometro e gong finale. Orbene già dal primo intervento si comincia con la retorica di rito: partigiani, uguaglianza ecc, il secondo parla del sud e vai con le solite cose... e così via! ma caspita, mi domando, avete 5 minuti potete dire quello che vi pare semza l'obbligo di doverlo spiegare e ci venite a fare la retorica? dite cose che già sappiamo per prendere un applauso? una proposta dico io, una proposta che sia una!
 E' qui che sono arrivato alla conclusione che la democrazia non funziona, o meglio non tutti dovrebbero avere diritto di parola. Successivamente penso che il pd non potrà mai fare niente di buono perchè il suo popolo, a differenza di quello di B. non ha capito che deve stare zitto e cominciare a fare.
Mi spiego: il popolo del pd si sente colto, culturalmente superiore a quello di B. (cosa che pptrebbe anche essere vera) e per questo si sente in dovere ed in diritto di dire la propria, che però 99 su 100 non aggiunge niente di nuovo ed anzi porta scompiglio e crea fazioni. Il popolo di B. non ha questa pretesa e segue il suo capo a prescindere, ma ciò facendo ne agevola il lavoro e rimane sicuramete più compatto e forte; oltretutto, pur essendo molto spesso lobotomizzato, se c'è da fare qualcosa di pratico lo fa.
Per questo, invece di andare ai meeting invito il popolo del pd a fare ogni giorno un'azione pratica che sia di sinistra (si può scegliere fra tante cose: non guardare il tg1, fare la raccolta differenziata, farsi fare le fatture e gli scontrini, prendere i mezzi pubblici quando possibile o leggere un libro) perchè la politica si fa molto di più con le piccole azioni e con i comportamenti d'acquisto che non con i discorsi retorici.


pe_ste

domenica 7 novembre 2010


Gira da tempo un “simpatico” video virale in rete (link) riguardante le abitudini degli italiani, che sicuramente qualche “amico” d’oltralpe vi avrà inviato. Particolare clamore genera la parte riguardante la scelta del caffè al bar, dove ognuno preferisce un caffè servito con particolari caratteristiche diverse l’uno dall’altro, che, alla vista dello straniero, appare del tutto immotivato. Nessuno può negare che tale rappresentazione è fedele alla realtà: ogni mattina in ogni bar della penisola si scatena la gara di urli “corto in tazza grande”, “macchiato in vetro”, ecc. In questo contesto è il barista a fare la differenza: buona memoria e soprattutto velocità. L’italiano non vuol perdere più di 2 minuti a prendere il caffè. Cosa si evince quindi da quel filmato e dall’esperienza quotidiana in generale:
-          Il caffè espresso viene scelto in molte varianti, sebbene il prodotto finale sia essenzialmente sempre il medesimo.
-          Il tempo medio di ordinazione, preparazione, consumo e pagamento deve essere il più corto possibile.
-          Il caffè deve essere economico, data la frequenza di consumo.
-          Il punto vendita viene generalmente scelto in base al solo criterio della prossimità.
 Il sorso di caffè in Italia è un rituale “cheap”, sotto ogni punto di vista. In sostanza il contrario di quanto proponga Starbucks.
Il caffè Americano diventa un rituale lungo e nobile, ci vogliono minuti solo per portarlo ad una temperatura sopportabile alla papille gustative. Infatti, l’esperienza di consumo di un caffè lungo Starbucks può essere:
-          Sul comodo divano nel punto vendita, generalmente nei centro città, in un ambiente rilassato.
-          In strada, col bicchiere fasciato di cartone.
20 minuti il tempo medio di consumo di un prodotto Starbucks. L’unico elemento che potrebbe essere a prima vista coerente con il mercato italiano è l’ampiezza dei prodotti offerti. Tuttavia sono prodotti che mal si confanno alle abitudini e ai consumi italiani (dal frappuccino al caffè al caramello).
Solo se Starbucks riuscirà a costruirsi un’immagine tale che lo renda complementare ai tradizionali bar potrà avere successo. Presentarsi come luogo d’incontro, alternativo alle birrerie e ai pub, e non ai bar della mattina, da cui uscirebbe sicuramente sconfitto data la lentezza del servizio (ulteriormente aggravata dall’ultimo cambiamento) e il prezzo.
Un’altra via è percorribile: il cambiamento dei consumi italiani. McDonald’s c’è quasi riuscito….

E come direbbe qualcuno: è per questo che Silvio Berlusconi è presidente del consiglio.