martedì 22 marzo 2011

La società liquida, sciolta come la diarrea

"Viviamo un periodo storico difficile": refrain post two thousand and eight. Adesso è perfino venuto a noia a me, irriducibile pessimista e amante della polemica. Oramai si è ridotto a patetica frase da lettore di Repubblica, che agita dati, dita e anatemi morali contro lo stato delle cose e le politiche governative. Perfino la protesta si è quindi già assopita, ricacciata alla sua forma di embrione da due timide manganellate di finanzieri romani a coglioni studenti. 
In altri tempi protestare era l'espressione di un sentimento volto alla ricerca del cambiamento, evidentemente migliorativo nella mente di chi agitava la protesta. Adesso la protesta appare equivalente al semplice disfattismo. Qualcuno ritiene che la protesta possa essere @, ovvero digitale tramite Twitter, Facebook e cazzi vari. In realtà, care generazioni degli ottanta e novanta, siete state assopite dietro a tastiere di computer, mummificati di fronte a schermi in grado di offrire tutto quello che prima richiedeva di uscire: musica, film, donne (in questo caso virtuali), porno, notizie, amici, ecc.
Ebbene sì, anch'io faccio parte di quella schiera di gente tutta laptop e iPod, e sono anche un disfattista che ripete un solito refrain: "viviamo in un mondo di merda"; e mi stanco da solo a forza di dirlo. Ma non riesco a cambiarlo, non riesco a togliere il repeat da questo brano del mio iPod mentale! 
Sono cresciuto a pane e romanzi di formazione, ad acqua e catechismo, conditi con cartoni animati (non giapponesi) e film per adolescenti. Tutta questa merda, compreso il buon Hermann Hesse, mi hanno fatto credere che anch'io potessi valere qualcosa e che avrei trovato la mia strada. Mi hanno inculcato che sarei potuto diventare qualcuno, facile di questi tempi moderni! Mi dicevano che ognuno ha un percorso da trovare e poi seguire, tale da rendere felici e realizzati. 
Io, questa cazzo di luce nella via maestra, non l'ho mai vista, sono sempre andato a tentoni, con l'obiettivo a brevissimo termine, imponendomi le scelte in base a quella precedente, senza sindacare se fosse stata giusta o sbagliata. Il mio orizzonte è raggiungibile in due passi e non ci trovo mai nulla di finito e realizzante.
Mi trovo ad essere lo stronzo della società liquida, che vaga in nessuna direzione transitando da tante parti ma senza mai fermarsi da nessuna. 
E in questa situazione sento ce ci si trovano in tanti. Ma a qualcuno piace davvero questa condizione di vita?

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